La pasticceria è una branca della gastronomia che deve essere considerata come un’arte in quanto molto spesso riesce a produrre e proporre dei veri e propri capolavori. Ma come nasce? Preparatevi e mettetevi comodi, perché la sua storia affonda le radici in periodi lontani e antichi e solo col passare dei secoli le tecniche si sono affinate fino a divenire quelle che conosciamo oggi.
Se ne è parlato poco
La pasticceria nella storia ha conosciuto purtroppo pochi scrittori interessati a tramandarne le tradizioni, se paragonata all’arte culinaria più generale. Ma il motivo possiamo individuarlo anche subito: la pasticceria, infatti, non era considerata molto “nobile” o di spessore prima della scoperta delle Americhe ad opera di Colombo e degli spagnoli che, come vedremo, ha introdotto in Europa ingredienti fondamentali tra cui il cacao e lo zucchero, la vaniglia, il caffè-
La scoperta del nuovo Mondo, infatti, è stata fondamentale perché ha letteralmente rivoluzionato qualsiasi settore europeo, e la cucina non ha fatto certo eccezione visto chele conoscenze gastronomiche si sono arricchite grazie a, come appena detto, l’arrivo di molti nuovi ingredienti che oggi sono alla base della pasticceria moderna.
A questa importante scoperta ne segue un’altra, ovvero quella della barbabietola da zucchero che segna definitivamente il cambio di rotta nonché di qualità della pasticceria italiana ed europea. La pasticceria, infatti, diviene finalmente autonoma per la produzione dello zucchero, potendo quindi aumentare la produzione di dolci.
Ma basta con le introduzioni e analizziamo brevemente la pasticceria nelle varie fasi della storia.
Gli esordi e il periodo classico
Come accade molto spesso, probabilmente i primi dolci definibili tali nella storia sono nati quasi per caso, con la semplice aggiunta di frutti o miele a impasti di acqua e farina che venivano cotti su rocce molto calde. Ma già allora, e come avviene nel nostro tempo, il dolce era sinonimo di consolazione, una gratificazione che sopperiva alle difficoltà e alle fatiche della vita quotidiana degli uomini, allora come oggi.
Ma non solo. Per esempio in Asia Minore (ovvero l’odierna Turchia e alcuni stati confinanti come l’Armenia) sono state rinvenute tracce di dolci preparati per scopi religiosi, magari come ringraziamento e riconoscenza per degli atti benefici degli dei o anche come offerte alle divinità stesse in auspicio a periodi di tranquillità e abbondanza dei raccolti.
Nell’antico Egitto, uno degli Imperi più gloriosi e ricchi dell’antichità, avvenne una scoperta estremamente importante che permise ai dolci di essere più gustosi: la lievitazione.
Non sono poche le tombe in cui gli archeologi hanno trovato dei reperti di focacce e biscotti farciti con datteri e uva che secondo le usanze egizie avevano il potere di “addolcire”, appunto, il percorso del defunto dalla Terra all’oltretomba.
In Grecia, invece, i poeti avevano una totale devozione per i dolci, la cui importanza decantavano per l’ottenimento di un simposio (cioè di un banchetto) assolutamente perfetto. Ma i dolci non mancavano mai nemmeno sulle ricche tavole dei Romani, che preparavano dolci e biscotti come antipasti, come intermezzi e come ultimo pasto dei banchetti più significativi.
In particolare, nella Roma imperiale era molto diffusa la placenta, un dolce fatto di strati di sfoglie farciti con miele e diversi formaggi (potremmo definirlo l’antenato della nostra millefoglie).
Dell’antichità siamo riusciti a scoprire anche dei dolci definibili come precursori dei nostri struffoli, ovvero delle palline di pasta fritte e poi intinte nel miele (molto apprezzato in tutto il bacino del mediterraneo, e sinonimo dell’Ambrosia, la pietanza degli dei).
Il Medioevo
Come del resto la scrittura e le arti, nel primo (o alto) Medioevo la preparazione dei dolci era destinata ai monasteri, che si dilettavano nella produzione di confetture, conserve e dolcetti cui si attribuivano nomi legati all’atmosfera sacra del luogo. Quindi sospiri, pazienze, supplicazioni. Sono dolci che del resto conosciamo anche oggi, perché i monaci ce li hanno tramandati, con le dovute modifiche e specializzazioni regionali.
Le Crociate, se da una parte rappresentavano una sorta di suicidio per i volontari che partivano per tentare la riconquista della Terra Santa (Gerusalemme) finita in mano agli Arabi, dall’altra permisero l’introduzione in Italia delle spezie e dello zucchero di canna, che naturalmente diedero una nuova scossa alla pasticceria.
Le drogherie, ovvero le botteghe che vendevano le spezie, furono letteralmente prese d’assalto dai cuochi del tempo che compravano insieme allo zucchero anche lo zenzero, la cannella, le mandorle, lo zafferano, i pinoli e i chiodi di garofano.
E in realtà è un bene che gli arabi siano arrivati nel Mediterraneo, per i loro numerosi contributi all’arte (abbiamo esempi specialmente in Sicilia), alla matematica (i numeri che usiamo oggi sono arabi e non romani) e sì, anche alla pasticceria.
Infatti gli arabi ci hanno insegnato la distillazione dei liquori e la corretta lavorazione della pasta di mandorle per confezionare non solo il marzapane ma anche la pasta di pistacchio.
Lavorazioni antiche e che però ci sono utilissime anche oggi per la preparazione, per esempio, della Cassata. Infine dobbiamo agli arabi anche la frutta candita nonché l’uso giusto e ben dosato di spezie e acqua di rose.
Rinascimento
Entriamo nel vivo della storia della pasticceria, ovvero il Rinascimento (che è in Italia un po’ il vivo di ogni arte). Non a caso dolci come il panettone, di cui abbiamo parlato qui, nascono proprio nelle corti rinascimentali.
Il Cinquecento è infatti noto anche come l’Età dei Dolciumi, ad indicare quanto grande sia stata l’affermazione della cucina Italiana, che per la bontà dei dolci e l’abilità dei suoi cuochi è divenuta ben presto insieme alla pittura, alla letteratura, alla scultura e alla musica un modello per l’intera Europa.
Lo zucchero di canna – è bene ricordarlo – era ancora piuttosto raro e quindi prezioso, motivo per cui i dolci si preparavano nelle cucine aristocratiche o al massimo altoborghesi. Le corti, i ducati, le signorie, i principati si sfidavano per avere sempre il banchetto più sontuoso, presentante tutti i dolci che si conoscevano allora.
La Rivoluzione Industriale
Come detto, la scoperta dell’America ha permesso una maggiore diffusione dello zucchero, cosa che permise la nascita di nuovi tipi di dolci come la caramella nonché l’usanza di candire ogni frutto.
Ma soprattutto l’arrivo del cacao sconvolse le carte in tavola, determinando una rivoluzione delle pasticcerie europee compresa quella italiana. Non solo: il rafforzarsi dei rapporti tra le varie Nazioni europee e i matrimoni tra gli esponenti delle élite aristocratiche per la nascita di alleanze portò allo scambio di informazioni in tutti i campi, tra cui quello gastronomico.
Un esempio di questi scambi lo troviamo nel Babà, un dolce originariamente polacco e poi adottato dai napoletani; oppure la Zuppa Inglese che discende dal Trifle anglosassone e poi rifatta da molte regioni italiane che ancora oggi si contendono il titolo di chi ha fatto per prima una versione italiana. Francesi e poi adottate dagli italiani sono la pasta briosches e le meringhe.
Ciò che, però, diede ancora più impulso alla produzione dolciaria fu la scoperta dello zucchero derivato dalla barbabietola, che fece sì che in ogni dove nascessero pasticcerie per soddisfare la golosità del ceto emergente, la borghesia, che voleva assaporare i dolci fino a quel momento riservati ai reali e agli aristocratici.
Infine, con la Rivoluzione Industriale e la conseguente meccanizzazione della produzione e dell’estrazione dello zucchero, la pasticceria ebbe modo di affinare le tecniche di packaging e di confezione, creando dolci non solo buoni ma anche belli.
Dall’Ottocento a oggi
La seconda metà dell’Ottocento vide comparire nelle vetrine delle pasticcerie nostrane i croissant e le paste, che erano più piccole delle torte e costavano meno: la pasticceria smetteva di essere un bene elitario e diventava un prodotto consumabile da (quasi) tutti incontrando il favore del pubblico sia italiano che estero (che le chiamava e chiama fancy cakes).
Da allora fino ad oggi sono stati visti altri più lenti e impercettibili cambiamenti nella mentalità e negli usi e costumi delle persone, che man mano hanno riservato attenzioni sempre maggiori alla pasticceria e ai dolci, al punto che oggi sono estremamente diffusi e venduti.