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Storia e ricetta del pandoro

Visti i dati di vendita riguardanti lo scorso Natale, potremmo definire il Pandoro come “l’eterno secondo” dei dolci natalizi, in quanto nelle vendite è superato solamente dal Re del Natale, ovvero il suo rivale, il classico panettone milanese. Questo ovviamente non vuol dire che il pane veronese non sia buono o da tenere in considerazione, motivo per cui vogliamo parlarvi della sua storia e darvi qualche indicazione su come si prepara.

Regalità della Serenissima

Ogni anno sotto Natale si riaccende la solita e innocua sfida: pandoro o panettone? Questa contesa tra i due dolci simbolo delle festività di fine anno divide letteralmente gli italiani, ma se – come abbiamo visto nell’articolo dedicato al Panettone – alla fine la bilancia pende leggermente per il dolce milanese, che indossa la corona di Dolce natalizio più venduto e apprezzato, qui vogliamo pensare all’altra (grande) fetta di popolazione che invece propende per il Pandoro, dolce per certi aspetti simile ma dall’impasto e dalla tradizione completamente diverse.

Il Panettone è appunto un dolce antico e tipicamente natalizio nato nella metropoli meneghina. Il Pandoro è invece un dolce tipico di Verona, anch’esso consumato da sempre sotto Natale. Il nome è, ovviamente, di derivazione veneta, precisamente dalla voce Pan de Oro, e le sue origini sono più o meno contemporanee al rivale di Milano dal momento che il Pandoro sin dal Cinquecento veniva consumato dai ricchi oligarchi della Serenissima Repubblica di Venezia – soprattutto a Verona e nella Capitale, Venezia – insieme ad un altro dolce veneto, il Nadalin.

Come detto, il Pandoro è il dolce natalizio per eccellenza in Italia, insieme al Panettone. Il nome deriva dalla sua pasta, che è molto soffice e dorata per via delle uova, il tutto reso più dolce dall’aroma di vaniglia. La forma del Pandoro è un tronco con dei rilievi, di solito 8, che gli danno la forma della stella, e tale dolce si fa con farina, uova, burro, zucchero, burro di cacao e lievito lavorati con tecnica molto lunga ed estremamente complessa.

Il Pandoro che conosciamo oggi è molto diverso da quello consumato dagli oligarchi della Serenissima. La nostra versione ha anche una data ufficiale di nascita, ovvero il 14 Ottobre 1894, giorno in cui Domenico Melegatti – sì, proprio colui che ha fondato la ancora esistente Melegatti – depositò il brevetto per un desserts soffice e a forma di stella, quest’ultima ideata da un pittore impressionista veronese, Angelo dall’Oca Bianca. Curioso come tale dolce sia stato riconosciuto come ufficiale solamente 6 anni fa, nel 2012. Sembra, inoltre, che una versione del Pandoro la conoscessero anche gli antichi romani, almeno se ci atteniamo a quanto di dice Plino Il Vecchio, vissuto intorno al I secolo dopo Cristo, il quale cita Virgilius Stephanus Senex (in italiano lo chiameremmo Virgilio Stefano Il Vecchio), autore di un panis fatto con fiori di farina, burro e olio. Incredibile quante cose ci leghino ai nostri antenati latini.

Una ricetta senza troppi fronzoli

Il concept di base del dolce natalizio di Verona è molto diverso dal Panettone. Infatti noi vediamo il pane milanese presentato con l’uvetta e i canditi, e non servito unicamente come pane dolce. Le varianti poi prevedono anche le gocce di cioccolato, la frutta secca, le ciliegie, il pistacchio e chi più ne ha più ne metta, e il tutto volto ad evidenziare una certa ricchezza di ingredienti del Panettone. Il Pandoro funziona diversamente. Questo non vuol dire che sia “povero” – sono tutti ingredienti che costavano tanto alla gente comune del passato – ma semplicemente un dolce che si potrebbe definire tranquillamente senza troppi fronzoli, in quanto non ha creme, non ha cioccolata, non ha canditi e si guarnisce unicamente con dello zucchero a velo spolverato al momento del servizio per evitare che nella confezione lo zucchero comprometta la consistenza del dolce.

Vediamo cosa serve per prepararlo, e come si prepara:

  • 600 grammi di farina.
  • 250 grammi di burro.
  • 200 grammi di zucchero.
  • 30 grammi di lievito di birra (NON quello industriale per dolci).
  • 50 grammi di zucchero a velo.
  • 8 uova.
  • Mezzo bicchiere di panna liquida.
  • Scorza di limone da grattuggiare.
  • Una bustina di vanillina.

Per preparare il Pandoro, iniziate mettendo in una ciotola piuttosto grande 10 dei 200 grammi di zucchero, il lievito di birra sbriciolati, un tuorlo delle 8 uova e 75 dei 600 grammi di farina, aggiungendo un cucchiaio di acqua tiepida se notate che ciò che ne viene fuori è troppo rigido e consistente. Unite bene tutti gli ingredienti, e ponete la ciotola in un luogo con temperatura tra i 18 e i 20 gradi per fare lievitare la pasta (serviranno due ore). Trascorso questo tempo aggiungete altri 160 grammi di farina, 25 dei 250 grammi di burro ammorbidito, altri 3 tuorli d’uovo e altri 90 grammi di zucchero. Procedete analogamente a prima, lasciando lievitare altre due ore.

Preparate il terzo impasto con i rimanenti 375 grammi di farina, 40 grammi di burro ammorbidito, 75 grammi di zucchero, un uovo intero e gli ultimi tre tuorli. Ancora, impastate bene tutto e lasciate lievitare per due ore. Adesso avete tutto l’impasto, e trascorse le ultime due ore di lievitazione mettetelo su un tavolo precedentemente cosparso di farina e mentre lo lavorate versate mezzo bicchiere di panna liquida con la scorza di limone e un po’ di vanillina. Stendete la pasta aiutandovi con un matterello per ottenere un quadrato non molto grande. Al centro, mettete del burro tagliato a pezzi e ammorbidito per un rapporto di 150 grammi di burro ogni kilo di impasto. Ripiegate l’impasto sul burro e sempre con il matterello stendetela, piegatela in tre, stendetela di nuovo e piegatela nuovamente in tre. Infine, lasciate riposare mezzora.

Mentre l’impasto riposa, imburrate due stampi con le pareti alte e scanalate, prive di un buco centrale. E poi spolverizzateli con lo zucchero semolato – se può aiutarvi, in commercio si trovano degli stampi con già la forma tipica del pandoro, la stella a otto punte. Su una spianatoia lavorate la pasta ancora per pochi minuti a mano leggera, roteandola e spolverizzandola con un po’ di farina. Poi dividetela in due pagnotte da mettere negli stampi, facendo attenzione a che copra solamente metà dell’altezza degli stampi. Fatto ciò, mettetele in un luogo tiepido, sempre intorno ai 20 gradi e lasciate lievitare finché non coprono l’intera altezza delle forme.

Il Pandoro va cotto circa 40 minuti in forno preriscaldato a 190 gradi, temperatura che va abbassata dopo 20 minuti e portata a 160 gradi in modo che si cuocia anche l’interno, senza però bruciare la crosta. Sfornateli e poi lasciateli raffreddare.

Un ottimo servizio

Il pandoro, come detto, non si guarnisce con canditi, uvetta o creme ma effettivamente – come successo per il panettone – col passare degli anni sono nate delle varianti e delle ricette diverse, per cui oggi si trova il pandoro con la crema, o ricoperto di cioccolato e via dicendo. Si consiglia di solito di scaldare il pandoro e poi mangiarlo, ma comunque il metodo classico è servirlo spolverandolo completamente di zucchero a velo che di solito è sempre incluso nei cartonati delle confezioni, posto in un sacchettino a parte.

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